Di padre italiano e madre irlandese, negli anni del dopoguerra si trasferisce a Londra dove inizia la sua carriera di fotomodella e attrice.
Approda al cinema italiano negli anni sessanta, interpretando alcuni film di genere. Successivamente, dopo un breve matrimonio con un noto professore di fisica, Constatine Manos, si lega al produttore Joseph Fryd, con cui nel 1966 gira da protagonista Svegliati e uccidi di Carlo Lizzani, nel quale si fa notare nel ruolo di Candida, compagna del «solista del mitra» Luciano Lutring, interpretato da Robert Hoffmann. La pellicola ottiene un notevole successo e l'interpretazione di Lisa Gastoni viene premiata con il Nastro d'argento.
Il film maggiormente legato all'immagine di Lisa Gastoni è però indiscutibilmente il cult movie Grazie zia (1968) di Salvatore Samperi, nel quale è una conturbante e raffinata zia, attirata in un morboso rapporto psico-incestuoso dal nipote finto-paralitico, interpretato dal giovane Lou Castel, reduce dal successo di I pugni in tasca di Marco Bellocchio. La sua interpretazione sarà premiata con la Targa d'oro ai David di Donatello.
«Io sono convinta che ciascuno di noi ha una sua età (...) Ci sono dei momenti fisici - perché nel cinema è soprattutto questione di momenti fisici - che ci sono più adatti, più giusti. In genere si chiamano "incontro col personaggio". In fondo il mio vero incontro col personaggio è avvenuto quando avevo ventinove anni, girando Grazie zia. All'età quindi di una donna nella sua pienezza, alla soglia della trentina. Non ero vecchia ma neppure giovane. Però ero fisicamente ed emotivamente giusta per il ruolo.»
Negli anni settanta gira invece pochi film, in virtù di una sua scelta di lavorare solo con registi di qualità. Dopo essere quindi apparsa in La seduzione (1973), di Fernando Di Leo, nel 1974 interpreta il ruolo di Claretta Petacci in Mussolini ultimo atto di Carlo Lizzani e Amore amaro di Florestano Vancini, per il quale l'anno successivo vince il suo secondo Nastro d'argento.
Dopo aver debuttato in teatro nel 1979 con La Celestina di Fernando de Rojas, sotto la regia di Luigi Squarzina, si è ritirata dalla scene, dedicandosi alla pittura e alla scrittura. Vi è ritornata a metà anni duemila con alcune eccellenti interpretazioni per il cinema e la televisione, ottenendo con Cuore sacro (2005) di Ferzan Özpetek ancora una candidatura ai David di Donatello e al Nastro d'argento.